“Er Papa se n’è ito!”, parole incredibili che corrono da un angolo all’altro della Città Eterna: c’è chi le mormora con stupore, chi le grida esultando, c’è chi si informa, chi ride, chi applaude…
Roma, novembre 1848: Pio IX fugge a Gaeta, mentre in città il governo guidato dai triumviri Mazzini, Saffi e Armellini proclama la repubblica e l’assemblea costituente si mette al lavoro per redigere una carta costituzionale che trasformi finalmente in legge gli ideali che in quell’anno di fuoco animano chi lotta per l’Italia unita. Ma alle porte della città, decisi a riconsegnarla nelle mani del Papa Re, premono i francesi: e allora a sostenere la Repubblica Romana accorrono militanti da tutta la penisola, pronti a battersi contro quei “bugiardi che a parole difendono le repubbliche e poi vengono a fare la guerra per affossarle”.
Appena uscito dall’esperienza formidabile delle Cinque Giornate milanesi è il terzetto composto da Ranieri, Aurelio e Cristina: il primo, romantico e riflessivo, crede nella strategia mazziniana della prudenza e del sacrificio; il secondo, più impulsivo, sceglie invece di combattere al fianco di Garibaldi, mentre Cristina, d’animo generoso e origini principesche, organizza l’assistenza negli ospedali.
Nel giro di pochi mesi – tra il novembre del 1848 e il luglio del 1849 – la torpida sede papale si trasforma in un fervido laboratorio di nuove esperienze, un crocevia di progetti in cui la borghesia liberale s’incontra con il popolo, disilluso e persuaso che “tanto comanna sempre chi comanna”. Così la pensa Lucio, lo spavaldo capo di una banda di ragazzini specializzata in furti con destrezza: per lui tutti i damerini a passeggio per i vicoli sono una manna dal cielo, ma è proprio cercando di borseggiare il trio di lombardi che, per la prima volta nella sua giovanissima vita, Lucio viene spronato a cercare di conquistare una libertà duratura piuttosto che vivere alla giornata. Lo stesso accade a Maddalena, che a Trastevere fa la prostituta ma nello sguardo di Ranieri intravede la promessa di un futuro di amore e dignità.
Nel frattempo, mentre per le strade si combatte sempre più sanguinosamente, gli articoli della Costituzione che prende forma danno voce e speranza a un mondo tutto diverso: comunque vada nulla sarà perduto, “resteranno le parole” – un ordinamento tanto moderno da diventare la base, un secolo più tardi, della nostra Costituzione repubblicana.
Con profondo slancio civile e vitalità narrativa Ugo Riccarelli ridà corpo e voce a un episodio glorioso e poco noto del nostro Risorgimento.
E lo fa condividendo appieno il punto di vista del popolo romano, di chi da principio guardò alla repubblica con sospetto o indifferenza per poi lasciarsi conquistare dalla forza delle idee e trovare il coraggio di rischiare tutto per la democrazia.
Nato, in collaborazione con Marco Baliani, per essere portato sulle scene teatrali, La repubblica di un solo giorno racchiude tutta l’immediatezza, la magia, la plasticità di un testo vivo, e ci restituisce il sapore di un’esperienza che è giunta fino a noi proprio grazie a uomini che hanno saputo affidare alla straordinaria intensità delle parole la loro fede in un mondo più giusto.