21 luglio: Claudio Breno ricorda Riccarelli a 10 anni dalla morte

 Milano, Stazione Centrale, banchina del Freccia Rossa che arriva da Roma, “Comallamore” sotto il braccio.

Si avvicina un uomo, altezza normale, incedere calmo, sicuro, si ferma di fronte: “Claudio?” È Ugo Riccarelli, premio Strega, venuto a Milano per me, per noi, “Gli Ueitings” (certo, quel nome è un po’ snob, un po’ da fighetto, ma l’ho proposto e tutto il gruppo l’ha accettato).

Ma come ha potuto riconoscermi? Il libro non era in vista, io non avevo fatto cenni!!!

“Nulla succede per caso”, me lo ripeto spesso, mi ha riconosciuto perché non era un caso ma l’inizio di un leggero e tenace filo che mi ha unito a lui.

Marco Baliani mi aveva dato il suo numero di telefono, alla fine di una ricerca non semplice. L’avevo poi chiamato, gli avevo inviato un po’ di cose del nostro gruppo teatrale e chiesto il consenso a fare di “Comallamore” la base del nostro lavoro teatrale.

Mi richiama, dà il consenso, è interessato a conoscere come procede il lavoro.

Mi faccio coraggio, chiedo se per le sue attività deve venire a Milano, vorrei conoscerlo e scambiare pareri con lui. “Sì, verrò a Milano tra due settimane”. Continuo con il coraggio, meglio: con la mia logica che chiedere si può sempre, pronto a ricevere risposte negative: “Le propongo una sera a Bergamo, a nostre spese, verrei a Milano quando lei arriva, il giorno prima di quello dei suoi impegni, faremo una serata in teatro con gli altri Ueitings, dormirà a Bergamo, nostro ospite, e l’accompagnerò a Milano il giorno seguente”.

“Va bene, con piacere, ti (basta con il “lei”) farò sapere quando”.

Segue poi l’appuntamento alla Stazione Centrale di Milano, banchina del Freccia Rossa che arriva da Roma, e l’incontro con “Gli Ueitings”, a Bergamo nel nostro Teatro Prova..

Serata indimenticabile, le immogini di quell’incontro sono indelebili nella mia mente. Conoscere l’uomo, la sua semplicità, la disponibilità verso di noi, l’ascoltare come è nato Comallamore, il suo interesse per conoscere noi.

I più grandi sono i più semplici!

Verrà ancora, alla prima, sarà benevolo nel giudicarci.

Nasce un’amicizia, una bella amicizia, anche se a distanza, ma bella, per me indimenticabile. Nei mesi seguenti ci sentiamo spesso. Il nostro lavoro, nel mondo del teatro dilettantesco, ha successo. Abbiamo riconoscimenti, molte repliche, ricordi che ancora dopo anni tengono uniti noi, “Gli Ueitings”, e che riviviamo quando ci incontriamo. Informo Ugo ogni volta, è contento.

Ci vediamo anche, l’ultima volta, a Milano, per un suo incontro con Umberto Veronesi.

Nei mesi successivi capisco che non sta bene, il doppio trapianto è difficile da assimilare, spesso la sua salute vacilla, la febbre va e viene. Ogni volta voglio mandargli messaggi positivi e ringraziarlo dell’esserci/mi stato vicino. Le nostre chiacchierate sono meno frequenti, sento la sua voce tenue, peggiora, è evidente. Non lo chiamo per alcuni mesi, non ho la forza di sentire la sua voce sofferente e la mia non può fare nulla. 

È il 20 luglio 2013. Improvvisamente sento, forte, la voglia di chiamarlo. Lo chiamo, due volte, non risponde. Il giorno dopo capisco perché.

La notizia della sua morte mi attraversa senza pietà, chissà perché proprio ieri quel desiderio di chiamarlo, forse il tentativo di un ultimo saluto, un ultimo “grazie Ugo, ti abbiamo, ti ho, voluto bene”.

Mi torna il mio solito “nulla succede per caso”.

Non era un caso se quella sera del 20 luglio ho sentito il bisogno di chiamarlo, come sentissi che qualcosa doveva accadere. Una premonizione? Non era un caso, era il leggero e tenace filo della nostra storia. Avevo sentito, avvertito, senza saperlo, che era un’occasione particolare, una maledetta occasione, sarebbe stata l’ultima, non c’è stata.

Ho capito perché Ugo mi aveva riconosciuto a Milano, la sera alla Stazione, anche allora “nulla succede per caso”, quel caso mi ha legato a Ugo.

Portiamo poi Comallamore al Festival Nazionale di Velletri riservato al teatro amatoriale, conosco Roberta, sua moglie, viene allo spettacolo. Quella volta non so come ho recitato, la mente era a preparare quell’incontro. Un abbraccio, un pianto di sconforto e conforto, di amarezza e piacere, del ricordo di una bella persona che se ne è andata.

Con Roberta nasce una nuova amicizia.

La rivedrò anche la serata dedicata agli aneddoti che riguardano Ugo, a Roma, all’Argentina (credo), c’era anche Veltroni, di cui Ugo era stato ghost writer. L’aneddoto che porto è quello del pomeriggio prima della prima, a Bergamo, quando il suo “firma copie” nella libreria del centro era stato boicottato dall’invasione dei tifosi atalantini in tutta la città. Le persone presenti alla serata sorridono quando ricordo che in quell’occasione Ugo aveva mostrato tutta la sua classe e umiltà: “Si vede che il calcio vale più dei libri”, e l’aveva detto in un simpaticissimo simil-bergamasco.

Con un sorriso, come sempre.

Claudio Breno